“Famiglie in difficoltà, adulti che sono estromessi dal sistema, giovani in cerca di occupazione stabile anche in vista di formare una propria famiglia, sono situazioni che continuano a farsi sentire con accoratezza. Si aggiunge a livello della scena politica una caduta di qualità, che va soppesata con obiettività, senza sconti e senza strumentalizzazioni, se davvero si hanno a cuore le sorti del Paese, e non solamente quelle della propria parte. […] Non è più tempo di galleggiare. […] E’ possibile – chiediamo rispettosi – convocare ad uno stesso tavolo governo, forze politiche, sindacati e parti sociali e, rispettando ciascuno il proprio ruolo ma lasciando da parte ciò che divide, approntare un piano emergenziale sull’occupazione? Sarebbe un segno che il Paese non potrebbe non apprezzare.”
Queste parole, pronunciate ad Assisi dal Cardinale Bagnasco, sono una lucida fotografia di come appare l’ Italia oggi, di come la vediamo “noi”, di come ci vedono gli “altri”.
Ovviamente il dipinto ha tinte fosche e tratti nervosi, ma il segno “positivo”, che si può e si deve cogliere per iniziare l’opera di ricostruzione, è che sull’analisi sono d’accordo pressoché tutti gli esponenti della società civile e politica del Paese. Come dire: se la diagnosi è univoca, il momento di iniziare la terapia è vicino.
E’ lo stesso governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, spesso citato anche a Bastia Umbra, che rilascia un’intervista riepilogativa del disastro in cui versa il sistema Italia. Draghi sottolinea come la competitività, la crescita e la creazione di reddito da lavoro siano ad un livello troppo basso. Ciò crea un impatto rovinoso sulla vita dei giovani, diventati categoria debolissima, penalizzati dalla disoccupazione, dal lavoro irregolare e dal precariato, che troppo raramente si trasforma in un impiego stabile. Draghi procede sottolineando che senza la prospettiva di una graduale stabilizzazione del lavoro precario si hanno effetti negativi di lungo periodo su produttività e profittabilità. D’accordo con il governatore della Banca d’Italia si è detto il segretario generale della Cgil, non proprio portavoce degli interessi dei banchieri, Susanna Camusso.
Secondo Camusso, “Draghi rimette al centro i veri problemi del Paese”, aggiungendo: “Il futuro dei giovani passa dal lavoro e i primi temi da affrontare sono quelli della stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari e della regolarizzazione dell’occupazione. […] Giustamente Draghi collega la ripresa, oltre che alla stabilizzazione dei precari, anche alla crescita dimensionale delle nostre imprese che rimane ridotta nel confronto internazionale”.
Al coro di analisi che vanno nella medesima direzione si aggiungono quelle di Emma Marcegaglia e di Gianfranco Fini.
Marcegaglia esorta la politica a trovare una soluzione che renda il Paese governabile. “Non si può rimanere a lungo in una situazione di incertezza e di non governabilità che penalizza tutti, a partire dalle imprese che devono investire e andare avanti” – chiosa Marcegaglia, che sembra ricordare che il tempo scorre e che la legislatura non può perdere altre occasioni per mettersi al servizio del Paese, come avrebbe dovuto fare da principio.
Il fondatore di Fli, Gianfranco Fini, durante il discorso di Bastia Umbra rileva la necessità di un “nuovo patto sociale”, frutto della convocazione degli “stati generali dell’economia e del lavoro”. E’ questo il passaggio fondamentale, secondo Fini, per poter parlare di un patto di legislatura.
Fini ha fatto riferimento al patto per la crescita stretto da datori di lavoro e sindacati “assente la politica, perché la politica ha la testa altrove”. Ha proseguito accennando all’indiscusso decadimento morale nel quale sprofonda la società, decadimento che non sarebbe figlio della modernità, ma che dipende invece “dalla perdita del decoro, del rigore dei comportamenti di chi è chiamato ad essere d’esempio come personaggio pubblico”. A tal proposito si rilevi la citazione della frase del Papa, Benedetto XVI: ”La spazzatura non è solo nelle strade ma anche nelle anime e nelle coscienze”.
Tale frase risulta di un’efficacia stringente: il pattume morale di taluni può avere effetti devastanti per la vita di molti, per il bene pubblico. Non sembra un caso che il decadimento di un Paese passi per crollo di edifici millenari e per ciò stesso carichi di significati, per la rabbiosa esondazione di fiumi che riduce senza casa migliaia di persone, sembra che neppure l’ambiente riesca più a contenere tanti disastri perpetrati in questo Paese dalle enormi potenzialità.
Sarebbe bello che ad esondare fossero le coscienze, che gli uomini politici sentissero la cogente responsabilità di ricomporre le differenze, almeno per un lasso di tempo necessario per traghettare il Paese verso una situazione dignitosa da cui ripartire.
Viene da chiedersi se gli stessi uomini che si scandalizzano, a buona ragione, per le patologiche pratiche sessuali del premier, siano pronti a garantire condizioni di accesso meritocratiche al mercato del lavoro, chiave di volta per la ricomposizione di questa travagliata Repubblica.
Se lo stesso Gianni Letta afferma che le prospettive dell’attuale governo “sembrano restringersi non ad anni ma a periodi e misure di tempo più contenuti”, è giunto il momento che la politica tutta torni ad essere portatrice fattiva delle reali esigenze della società civile. Ogni partito ha la propria storia e dei valori peculiari che lo contraddistinguono, ma il fine deve essere comune: cioè quello di fare risorgere l’Italia a vita nuova, restituendo alle persone il coraggio e la fiducia che nascono da un buon funzionamento delle istituzioni.
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